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Comitato provinciale di Novara
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La resistenza al fascismo nel Basso Novarese - luglio 1922
LUMELLOGNO 16 luglio 1922
Il materiale per l'allestimento di questa pagina è stato fornito da Carlo Migliavacca, con documenti d'archivio da lui raccolti, suoi scritti e testimonianze a lui rilasciate.
Migliavacca è stato uno dei fautori, sicuramente il più determinato, nel propopre il recupero della memoria storica dell'azione fascista a Lumellogno e , in contrapposizione, della intemerata opposizione della poplazione del posto allo squadrismo delle camicie nere. La caparbietà di Migliavacca ha conseguito l'obiettivo del conferimento della medaglia d'oro al Merito Civile, medaglia che oggi fa bella mostra sul gonfalone della Città di Novara.
Il materiale raccolto da Migliavacca è confluito nel suo libro «Lumellogno, 15-16 luglio 1922 - Paese non italiano», che ha costituto la base per la sceneggiatura della docu-fiction «Novara millenovecentoventidue» di Vanni Vallino, Edizioni Immagina Srl. Il filmato è normalmente reperibile nel circuito commerciale dei DVD.
Affidiamo la descrizione dei fatti direttamente al racconto originale di Gaudenzio Bigliani (1903 - 1992), capo popolo della battaglia a soli 19 anni.
Bigliani è stato ricordato con l'intitolazione di una via, che si stacca dal crocevia nel punto in cui Via Pier Lombardo cambia nome in Via Muratori e si dirige verso est, nel quartiere di Lumellogno.
Lumellogno «Paese non italiano»
Era in atto quel giorno, a Lumellogno, uno sciopero generale di protesta contro gli attacchi dei fascisti alle organizzazioni democratiche. A Lumellogno si era in attesa di un attacco contro la sede del Circolo, centro della vita democratica del paese e sede dei Partiti Comunista e Socialista.
Già c’era allora, a Lumellogno, un vivace movimento giovanile comunista poiché, dopo la scissione di Livorno, quasi tutti i giovani socialisti erano passati al Partito Comunista costituendo la loro sezione giovanile comunista. Vi era pure una sezione di adulti, però molto più debole di quella dei giovani: non superava i venti iscritti.
Si erano predisposte tutte le misure per respingere un eventuale attacco fascista; da qualche giorno prima del 16 luglio, durante la notte, funzionava in paese un servizio di difesa per impedire che i fascisti entrassero a devastare le nostre sedi. Da informazioni avute, si aspettava un attacco a fondo nella notte tra il 15 e il 16 luglio. Invece la notte passava calma e solo a tarda notte transitava un camion carico di fascisti che, peraltro, non si fermavano. Il giorno seguente, domenica 16 luglio, verso le ore 16,30 una squadra di fascisti in bicicletta, provenienti dalla Lomellina (erano in 25), si fermava al centro del paese ed entrava prima in un’osteria, che era il centro di raccolta degli agrari locali, quindi proseguiva in direzione di Novara; ma i fascisti, giunti all’altezza del Circolo, scendevano dalle biciclette e tentavano di introdursi nei locali per devastarli. Venivano respinti, senza aver potuto raggiungere lo scopo, a colpi di bottiglia e bicchieri lasciando sul posto due biciclette; furono inseguiti sino ad un centinaio di metri fuori dal paese a colpi di pietra.
Il secondo attacco si sviluppava verso le ore 18. I fascisti rientrati a Novara, dopo il primo attacco, chiedevano rinforzi e ritornavano più numerosi all’attacco. Ritornavano ancora tutti i fascisti montati in bicicletta, spalleggiati da altri chiamati in aiuto da Novara. Anche la corriera, che faceva servizio di autolinea fra Novara, Lumellogno e Robbio, si presentò al paese carica, fin sopra l’imperiale, di fascisti armati; seguiva, infine, una macchina di piazza su cui c’erano numerose cassette di bombe a mano. I fascisti ritornavano a Lumellogno col deliberato proposito di vendicarsi dello scacco subìto prima.
Tutti quanti erano armati di pistole e manganelli con testa chiodata. Poiché noi aspettavamo questo secondo attacco, ci eravamo predisposti alla difesa scaglionando le nostre forze un po’ per tutte le strade e i cortili. Il primo furibondo cozzo si aveva al primo crocevia del paese (presso la chiesetta di San Rocco); i fascisti abbandonavano le biciclette e cominciavano la lotta.
Si può dire che tutta la popolazione, comprese le donne e i giovanissimi, abbia partecipato alla battaglia che infuriò per più di mezz’ora lungo tutta la strada provinciale che attraversa il paese. Armati con armi da fuoco i fascisti, con verghe e tridenti la popolazione. È certo che i fascisti non si aspettavano una resistenza e una aggressività come quella che si manifestò da parte di tutti i lavoratori. Quando la lotta giunse all’estremo incominciarono a cadere i morti e i feriti. Dopo diversi furibondi corpo a corpo, cadeva ucciso il compagno Angelo De Giorgi, segretario della sezione giovanile comunista; venivano feriti il compagno Gaudenzio Bigliani, Pietro Ciocca, il lavoratore Gaudenzio Mazzetta; quest’ultimo gravemente colpito ad un polmone da una pallottola.
Gaudenzio Bigliani
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Mentre i fascisti che erano venuti in bicicletta tentavano la fuga attraverso i campi, ridotti a mal partito dalla furia popolare, gli altri della corriera attraversarono il paese sparando sulla popolazione che accorreva per affrontarli. Veniva abbattuto il compagno Pietro Castelli; colpito al cranio da una revolverata moriva dopo due giorni di straziante agonia. Cadeva pure, colpito a morte, il lavoratore Giovanni Merlotti. Rimanevano colpiti: Pietro Faccenda con un polmone perforato da una pallottola, Carlo Cardani ferito alle gambe da un’arma da fuoco, Giuseppe Galli ferito al basso ventre, Battista Scarenzi pure ferito gravemente, Maria Colli Vignarelli, Giuseppe Colombara.
Al centro del paese, dove la lotta era stata più aspra, cadeva il fascista Luigi Demichelis e restava ferito gravemente il fascista Portalupi di Confienza.
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Tutte le biciclette, una trentina circa, venivano ridotte ad un mucchio di ferraglia contorta dalla furia popolare. Si calcola che i colpi sparati dai fascisti siano stati molte centinaia. Nessun fascista riusciva a mettere piede nel Circolo.
Il fatto più significativo di quella epica lotta fu la partecipazione di massa della popolazione ad una azione per la difesa delle proprie istituzioni. Solo dopo circa un’ora dal fatto giungeva sul posto un camion di guardie regie, che si fermavano a pernottare sul posto.
Il giorno appresso, sull’attuale Piazza dei Martiri a Novara (allora Piazza Vittorio Emanuele II), De Vecchi pronunciava un violento discorso vincolando i fascisti, presenti al giuramento, di mettere Lumellogno a ferro e fuoco qualora non fossero tornati in sede i fascisti dispersi.
La minaccia non fu mai messa in esecuzione. In conseguenza delle ferite riportate, dopo alcuni giorni decedevano Gaudenzio Mazzetta, Giuseppe Galli e Carlo Cardani. Mentre, naturalmente, nessun fascista veniva arrestato, il 13 agosto, sotto l’imputazione di omicidio, venivano arrestati: Giuseppe Baldini, Gaudenzio Bigliani, Luigi Panza, Giuseppe Simonetta, Maria Saini, Giovanna Esterina Ferrara, Luigia Martinengo, Rosa Mazzetta e Giuseppina Stangalini. Venivano tutti rilasciati dopo una quindicina di giorni per “insufficienza di prove” tranne Gaudenzio Bigliani e Luigi Panza che venivano, però, prosciolti in istruttoria per “non provata verità” dopo circa due mesi di detenzione.
Alla “Mostra della rivoluzione fascista” tenuta a Roma nel 1932, Palazzo delle Esposizioni, (dieci anni dopo i fatti) Lumellogno veniva ricordata con la seguente testuale dicitura: “Lumellogno: Paese non Italiano”.
Un modo come un altro per vendicarsi dello scacco subìto.
I lavoratori e i democratici di Lumellogno dimostrarono diversamente il loro spirito di resistenza al fascismo: nel 1925, Mussolini era da oltre tre anni al potere, veniva devastata e messa a fuoco la sede del fascio e delle camice nere.
Concludiamo con una testimonianza recente. Migliavacca ha raccolto, nel maggio 2012, la testimonianza di Natalino Griggio, all'epoca Comandante della Polizia Municipale di San Pietro Mosezzo.
Griggio riferisce dei racconti del bisnonno Riccardo. La testimonianza è preziosa in quianto emerge un particolare di quel 16 pomeriggio che non era precedentemente noto, come e per mano di chi era morto il Demichelis, uno dei caduti tra i fascisti aggressori.
Ricordo che fin da ragazzo il mio bisnonno Baraggioli Riccardo, coniugato con Francesca Marchetti, mi raccontava della “Battaglia di Lumellogno” del 16 luglio 1922.
Loro erano legati da vincoli di parentela con la Rosa Mazzetta, che aveva partecipato alla tragica battaglia e che era stata anche arrestata assieme a molte altre persone. Il bisnonno era imparentato anche con le famiglia Baraggioli e Cameroni, di Lumellogno.
Il mio bisnonno raccontava che fu la sua parente Rosa Mazzetta a colpire con il forcone il fascista Luigi De Michelis (che il Bigliani nel suo racconto indica come Demichelis, n.d.r.), il fascista ucciso durante la stessa battaglia. Mi ricordo che diceva che il De Michelis era capitano dei bersaglieri, ma non so se era ancora in servizio militare attivo o se era già congedato.
Anche l’altra sua parente di Lumellogno, Baraggioli Angela, si ricordava e raccontava che fu la Rosa a colpire il De Michelis con il forcone. L’Angela era la cugina della Carla Baraggioli, che era poliomielitica (la mamma della Carla si chiamava Fassa Giuseppina).
Tutte le nostre famiglie, residenti in vari paesi del circondario di Novara, avevano deciso di riunirsi e di stabilirsi tutte a Lumellogno, sistemando gli immobili dove adesso abita la famiglia Saretto Pierluigi, ma poi non se ne fece più niente.
Questo è quanto ricordo del racconto del bisnonno Riccardo.
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CHI SIAMO
LA COSTITUZIONE della REPUBBLICA ITALIANA
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